C’è Erri de Luca, con la sua poesia-manifesto Valore (“Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca”) a ispirare Pep Ramis per il suo ultimo assolo The Mountain, the Truth & the Paradise, ovvero La Montagna, la Verità e il Paradiso. Un assolo che nasce dalla necessità di Ramis, a cinquant’anni, di tornare in scena da solo per rinvigorire la propria esperienza artistica e riesaminare un percorso stratificato negli anni con la compagnia Mal Pelo da lui fondata nel 1989 con María Muñoz a Celrà, in Catalogna, dove da un ventennio sorge anche il loro centro per le arti e gli scambi interdisciplinari L’animal a l’esquena (L’animale sulla schiena, dal titolo di un loro celebre duetto del 2009) su 19 ettari di incontaminato terreno.
The Mountain, the Truth & the Paradise è un tuffo nel presente e un personalissimo sguardo, a tratti divertente, a tratti tragico, sull’uomo e il mondo che lo circonda. Sessanta minuti in cui l’abuso del paesaggio, i valori dimenticati, la religione e i suoi clichés emergono con prepotenza. Il corpo di Ramis cesella l’aria e lo spazio, la sua calda voce declama testi oscillanti tra l’intimidatorio e la preghiera, riserva battute di spirito.
Disseminato di influenze letterarie e bibliche The Mountain, the Truth & the Paradise è dominato dall’elemento polvere. È la polvere a ricoprire come candida neve il palcoscenico, a diventare cenere sul capo del protagonista, fumo che inebria con il movimento, vapore da surriscaldamento globale. Sembra quasi che Ramis voglia incarnare qui un celebre verso della Terra desolata di T. S. Eliot: “Ti mostrerò la paura in una manciata di polvere”. Ma di quale paura ci parla? Della morte o più semplicemente della paura dettata dalla scoperta di aver perso qualcosa di veramente importante per qualcosa d’altro di poco conto?