È stata la sua ‘opera prima’ a soli ventiquattro anni per la compagnia Ultima Vez e con alle spalle la sola esperienza artistica di interprete per il polisemico Jan Fabre. What the Body Does Not Remember, spettacolo del 1987, che è valso al coreografo fiammingo Wim Vandekeybus il Bessie Award, il prestigioso premio newyorkese della arti sceniche, ha segnato non soltanto la strada a venire dell’autore, bensì quella della storia della danza che ha trovato in lui un innovatore del movimento, gettato con forza nella sfera del ‘tutto è possibile’. Sperimentatore che attraversa il corpo come il video, il cinema e la fotografia, che passa da lavori molto musicali con nieuwZwart a intimi assoli di un uomo davanti a un film (Monkey Sandwich), all’analisi corale della mitologia (Oedipus/Bêt noir) o al concetto di scatto fotografico (booty Looting), “modo privilegiato - sostiene - di fissare la forma”, Vandekeybus ha creato un genere unico e riconoscibilissimo, i cui riverberi si vedono ancora nelle generazioni successive. Fisicità spinta all’estremo con prese e cadute ai limiti del rischio, messa in scena adrenalinica, sfrenata, debordante che si confronta con scenari multidisciplinari e musiche originali sviluppate in sala prove parallelamente al movimento a firma dei coevi Peter Vermeersch, Thierry De Mey, David Byrne, Marc Ribot.
Non deve stupire dunque che Vandekeybus sia voluto tornare alle origini - in linea con molti autori della sua generazione che hanno rimontato pezzi storici - facendo rinascere con un nuovo cast questo lavoro d’esordio a distanza di oltre cinque lustri.
In What the Body Does Not Remember (Ciò che il corpo non ricorda) c’è in nuce tutta la sua poetica: le dinamiche di coppia e di gruppo oscillanti tra attrazione e repulsione, la tensione continua verso l’incerto, il confronto del corpo con la musica, il mistero della vita come percorso temporale tra nascita e morte, l’audace uso degli oggetti che genera consapevolezza del rischio. Ad interessarlo - spiega - è sempre “l’intensità del momento in cui non hai scelta, quando sono gli eventi a decidere per te, come nell’innamoramento o nell’attimo prima di un accadimento imprevisto. Una sfida paradossale considerato che l’evento teatrale è ripetibile e controllabile. Ma forse, quando tutto è stato detto e fatto, il corpo non ricorda più gli eventi accaduti e rimane soltanto la sottile illusione della mancanza, che aiuta a definire e a esaurire il gioco”