Regina da oltre quarant’anni di un personalissimo “teatrodanza”, Maguy Marin, di produzione in produzione, scombina carte e codici. Dalla scrittura più formale al puro testo, dal ritmo devastante e ipnotico al racconto beckettiano, ogni sua pièce dispiega un universo a sé stante, spesso tumultuoso, quasi sempre radicale.
Carriera emblematica quella di Maguy Marin, che dal fermento della Nouvelle Danse française anni Ottanta è giunta ai nostri giorni con linfa sempre nuova. Il suo ritorno a Oriente Occidente è con un lavoro storico mai presentato in Italia, Prix spécial della giuria del Sindacato della critica nel 2006 e vincitore di un Bessie Award nel 2008: Umwelt (ambiente, in tedesco). Creato nel 2004, l’Umwelt di Marin è un luogo dotato di regole autonome dove un dispositivo di pannelli e specchi scandisce la vita ai nove interpreti.
Così si dispiega sul palco un’estenuante passerella di normalità e di ricerca del possibile senza una mèta chiara. Sospinti e ostacolati da un vento che soffia inesorabile, i protagonisti vanno avanti fino a quando c’è possibilità per farlo senza realmente cercare un significato alle loro azioni. Appaiono e scompaiono negli interstizi lasciati dai pannelli, portano con sé oggetti, ripetono azioni, sembrano incontrarsi, ma poi svaniscono. A testimonianza della necessità di un incontro, che non sfocia mai realmente nel contatto. Un ambiente popolato e percorso spasmodicamente, che brulica di attività spesso priva di senso. Un indubbio ritorno a Beckett e al teatro dell’assurdo per Maguy Marin dopo il capolavoro May B., già a Rovereto nel 1981. Un lavoro sulla disfatta del mondo travolto dal consumismo proiettante una visione molteplice, martellante, dispersiva. Il tutto messo in risonanza dalla musica battente composta dal fedele collaboratore Denis Mariotte, risvolto uditivo perfetto al tourbillon visivo messo in atto dalla coreografa.