In compagnia di Bosch
Simona Bucci si è accostata all’opera di Hieronimus Bosch per cercare, come lei stessa ammette: “l’altrove che mi abita”. Parole impegnative, gravide di risonanze persino psicoanalitiche, visto che i personaggi inquietanti che popolano le tele del grande Fiammingo nascono più dalle ragioni oscure dell’inconscio che non dalle esperienze reali e possono ancora riassumere le mille angosce che nei confronti del male l’uomo porta radicate in sé. Naturalmente la creazione che la coreografa italiana destina a Oriente Occidente 2006, dopo un periodo di residenza a Rovereto in cui si è interrogata con i suoi danzatori sulle modalità stesse del creare, resta un’assoluta incognita. Certe sono invece la preparazione e la solerte attività sino a oggi svolta da quest’artista che ha volentieri affiancato Carolyn Carlson nei suoi percorsi didattici veneziani, e che nutre nei confronti dell’insegnamento un’attenzione non secondaria rispetto all’attività creativa.
Formatasi a New York, principalmente con Alwin Nikolais (ecco il suo lasciapassare verso la Carlson!), Murray Louis e Hania Holm, Simona entrò a far parte di una compagnia statunitense, la Claudia Gitelman Dance Company, nel 1982: segno che avrebbe già potuto intraprendere e con successo una sua carriera d’interprete nell’allora imprescindibile (per qualsiasi danzatore e coreografo votato al moderno-contemporaneo) Grande Mela. Invece un anno dopo scelse di rientrare in Italia e a Firenze, la città dove si era laureata, fondò Imago, la sua compagnia, e un centro di danza contemporanea: l’Imago Lab. Si sa quanto debbano battagliare per restare a galla i coreografi italiani, perciò non fa meraviglia che Simona non abbia esitato a ricongiungersi a Nikolais, quando, nel 1991, il geniale quanto simpatico maestro della Motion la richiamò a New York per danzare come solista nel suo gruppo donandole anche la possibilità di creare una coreografia,Au Contraire che sotto l’egida della Alwin Nikolais Dance Company debuttò a New York. Per questo successo, e per le molte affinità elettive, il sodalizio Nikolais/Bucci si sarebbe ulteriormente consolidato: l’anziano maestro chiese alla giovane allieva di fargli da assistente (e ciò accadde durante un corso di perfezionamento a Reggio Emilia) e poi insistette nel tenerla ancora con sé come danzatrice. Nel 1995 però Bucci lasciò la compagnia di Nikolais e volò a Rotterdam dove tornò ad occuparsi di formazione e didattica. Rientrata a Firenze tenne un corso di pedagogia per la formazione degli insegnanti di tecnica Nikolais, quella che meglio conosce, e che nel 2000 le consentì di diventare assistente della Carlson (oltre che docente) all’Accademia Isola Danza della Biennale di Venezia. Intanto il suo lavoro creativo procedeva.
Simona Bucci, per la verità, non ha un repertorio ricco di titoli, ma quei pochi, estremamente centellinati, come Di Ombre Cerchiati gli Occhi (2002) con musiche originali di Paki Zennaro, Indissolubile Eco (2004) e soprattutto I Rimasti (2005) hanno ottenuto apprezzamenti unanimi. L’ultima coreografia, in particolare, vinse il concorso Coreografo d’Europa e il premio Danza&Danza come miglior produzione dell’anno. Pièce per cinque interpreti tutti maschili (Luca Campanella, Roberto Lori, Carlo Mauro Maggiore, Paolo Mereu, Milo Scarcella), gli stessi che partecipano alla creazione roveretana con Frida Vannini, anche I Rimasti vanta una fonte d’ispirazione pittorica, scelta tra i quadri del divisionista Angelo Morbelli.
I Rimasti porta in scena cinque solitudini ,“fotografate” nel giorno di Natale al ricovero Pio Trivulzio (o Baggina) di Milano. Solitudine, disperazione, il lato cupo dell’esistenza nei gesti dei reietti, sono ancora temi che ruotano nell’universo poetico della coreografa – che tra l’altro si interroga su ciò che da una creazione passa in un’altra, su ciò che resta di un atto creativo e ciò che invece svapora.