I direttori artistici di Oriente Occidente, Paolo Manfrini e Lanfranco Cis, intendono contribuire al rafforzamento del ‘sistema danza Italia’ incentivando la capacità produttiva e distributiva di artisti selezionati del panorama nazionale. Coreografi talentuosi a cui viene offerto un percorso biennale di condivisione di obiettivi. Associando a sé Irene Russolillo, Salvo Lombardo e Davide Valrosso (il cui debutto è previsto nell’edizione 2018), Oriente Occidente intraprende un percorso di produzione e di sostegno dell’attività di questi giovani garantendo loro sia la presentazione dei lavori all’interno della manifestazione, sia il lancio internazionale delle produzioni.
Catanese, classe 1986, attivo però a Roma, Salvo Lombardo torna al Festival con due diversi progetti: lo spettacolo Present continuous e l’installazione per il Mart Reappearances.
Chi nella scorsa edizione di Oriente Occidente aveva assistito al suo spettacolo Casual Bystanders si ricorderà che l’artista siciliano ama indagare il rapporto percezione e movimento.
Quel lavoro – di movimento e suggestive videoproiezioni – era frutto di due anni di ricerca intorno ai gesti quotidiani, allo studio di situazioni urbane registrate dapprima come appunti di lavoro e poi sviluppate in sequenze coreografiche.
Da lì parte anche il nuovo progetto Present continuous: dalla relazione stretta tra quotidiano, memoria, percezione e movimento e dall’osservazione del presente attraverso il fattore che ne determina l’essenza: il tempo. Inteso non in senso astratto, come categoria kantiana, bensì come uso. Gli eventi che accadono possono essere ‘allontanati’ dal soggetto che li ha percepiti? “Nella nostra società – spiega Salvo Lombardo – tendiamo a fissare tutto. Immortaliamo dei surrogati di realtà, inchiodiamo gli eventi a un eterno presente, ignari del passato e del futuro.
Per questa nuova narrazione coreografica sono partito dalla negoziazione del ricordo per arrivare a intrecciare, con l’ausilio del vissuto dei tre performer, il dato reale, il presente, allo scopo di individuare una memoria condivisa che apra al tempo a venire”. Dal punto di vista compositivo l’autore ha cercato, assieme ai suoi interpreti, di rielaborare con il proprio vissuto, con il proprio punto di vista biografico, sequenze coreografiche predeterminate e piuttosto semplici.
La gestualità che ne deriva è minimale, per nulla enfatica, si costruisce per accumulo, ripetizione di piccoli gesti, veri e propri ‘documenti’ del nostro quotidiano. Il ripetere non è forse un modo per negoziare il ricordo proiettandolo nel futuro?