Dopo Shoriba (‘79) lavoro ispirato alle antiche danze kagura del culto shintoista e Jomon Sho (‘82) riferimento esplicito alla preistoria Ushio Amagatsu, il coreografo fondatore dell’ensemble giapponese Sankai Juku, ha condotto il suo gruppo verso un’estetica sempre più raffinata, abbandonando progressivamente la radicalità del Buto - la danza d’avanguardia giapponese nata intorno agli anni ’60 con un preciso scopo di contestazione ideologica e di rivolta sociale - a favore di una costruzione spettacolare di rara purezza visiva e permeata da un simbolismo pregnante.
Del Buto rimangono nei suoi lavori i corpi ricoperti di polvere bianca e le teste interamente rasate, la gestualità che rasenta il silenzio e le pose statuarie. Ma la forma artistica verso cui si è orientato in questi ultimi anni Amagatsu è più meditativa, meno contestataria, nutrita di slanci poetici.
Sankai Juku, che in italiano significa Laboratorio della Montagna e del Mare, è attivo dal 1975 e da allora ha presentato numerosi lavori sui palcoscenici internazionali: famosissima la pièce Unetsu, delle Uova in Piedi per Curiosità (’86) dedicata al danzatore Yoshiuki Takada e le più recenti Hiyomeki, nella Dolcezza della Vibrazione (’95) e Hibiki, la Risonanza del Passato più Lontano (‘98).
Ogni spettacolo del gruppo è una voluttuosa processione di movimenti che riporta in scena i misteri della vita, il tempo che corre inesorabilmente e che si manifesta con lente trasformazioni. C’è tutta la saggezza orientale nelle coreografie di Ushio Amagatsu: il presente abbinato al perpetuarsi del ciclo vitale e al tempo stesso l’ancestralità che ci costituisce.
Kagemi,al di là delle Metafore dello Specchio è un lavoro in sette quadri per sette danzatori nato nel 2000 al Théâtre de la Ville di Parigi. Kage ovvero ombra e Mi vedere, sommati compongono la parola “specchio” Kagemi: superficie in cui ci si guarda e che ci guarda, che riflette e in cui ci si riflette. Scrive Amagatsu come nota al lavoro: “Sorto dal piano orizzontale dell’acqua, il volto ha preso la verticale. Stato vago e fuggitivo che si evolve verso contorni più delineati. La mano destra interroga, la sinistra risponde”.
Un’ora e venticinque minuti - come tutti gli spettacoli dei Sankai Juku che sembrano scaturire l’uno dall’altro come se volessero costruire un’unica immagine del mondo, primaria e definitiva, attraverso la parabola artistica - in cui si costruisce un universo sospeso tra l’identità e la metamorfosi, tra la sabbia e l’acqua, la vita e la morte.
Avvalendosi di una scenografia spettacolare composta da sabbia e fiori di loto sospesi a pochi centimetri dal pavimento, che con estrema semplicità rievoca l’alchimia della danza, Amagatsu sviluppa in Kagemi un percorso iniziatico tra l’intimo umano e l’universo che conduce lo spettatore ai misteri più profondi della danza e dell’esistenza.