Del Brasile e della sua danza contemporanea teatrale, se si esclude il famoso Grupo Corpo della famiglia Pederneiras, che porta in giro per il mondo, da Spoleto a TorinoDanza alla Maison de la Danse di Lione il suo stile elastico, solare, scattante, con una vena carioca nel colorito allegro dei costumi e delle scene, c’è ancora molto da scoprire, o meglio quasi tutto. Non c’è chi ignori la vivacità del samba, la potenza delle radici nere nel ritmo tropicale di tutte le danze popolari che abitano il Brasile e le sue feste, ma molto meno noto è il panorama del balletto, che vanta una stella come Cecilia Kerche, e della danza moderna, che pure è ben presente nella realtà di un paese che è quasi un continente. Qual è, se c’è, l’identità culturale della danza brasiliana, in un territorio non meno melting pot di quello statunitense, dove battono un cuore africano, un’anima latina e uno spirito languido, dove singulta il fado portoghese? Oriente Occidente ha scelto di ampliare l’orizzonte della conoscenza di questo enorme paese e dei suoi coreografi, con una speciale sezione del festival. Se Guiherme Botehlo è un brasiliano d’Europa, Carlota Portella, anche lei brasiliana, operante a Rio de Janeiro, ha scelto di lavorare nella sua patria di origine con la propria Vacilou Dançou Company. Il che non le ha impedito di ricevere in Europa, l’anno scorso ai Rencontres Chorégraphiques Internationales di Bagnolet, culla di tutto il nuovo in danza da più di vent’anni, un importante riconoscimento: il Bonnie Bird Choreography Fund del Laban Centre di Londra, che l’ha invitata a creare un nuovo pezzo per la Transitions Dance Company. Ma come è arrivata Carlota a questo traguardo? Partendo da una formazione classica e jazz in Brasile, per studiare un anno all’Academie Internationale de Danse de Paris, e rientrare a Rio, lavorando sodo come danzatrice e insegnante, perfezionandosi intanto a Parigi, a Londra, a New York, finché nel 1981 ha fondato la propria compagnia, appunto Vacilou Dançou, che ha saputo incuriosire anche i programmatori del Vecchio Continente. Nel 1998, infatti, il gruppo è stato invitato per un tour in varie città tedesche, prima di approdare a Bagnolet con lo stesso titolo ora di scena a Rovereto, “Grito/Diga-me que oras são, para saber que existo”. Su musiche che vanno dalla spiritualità di Arvo Pärt al tango di Piazzolla, “Grito”, sottotitolo “fiore di ossessione” è un brano in quattro movimenti dove si incrociano, intorno a quattro temi portanti, i personaggi dei dicassette lavori teatrali di Nelson Rodrigues, che amava dire dei suoi testi: sono una meditazione sull’amore e sulla morte. Rodrigues, giornalista, “creatore della tragedia moderna” in Brasile, dagli anni 40 fino al 1981, anno della morte, quando le sue opere avranno finalmente il grande successo negatogli in vita, ebbe un ruolo di primo piano sul fonte dell’avanguardia letteraria brasiliana, espressionistico-psicanalitica, con personaggi e storie controcorrente, anti-tabù e intrise di humor nero, che trasferì poi anche sullo schermo, guadagnandosi l’accusa di svendita dell’arte alle ragioni del commercio. Ogni pièce rodriguesiana ha una conclusione tragica: violenza, estenuazione, crimine, incidenti. La solitudine di una donna che ama un uomo amato anche da un’altra- soggetto rodriguesiano ricorrente- è narrata/danzata, nell’interpretazione di Carlota Portella, secondo il punto di vista di ciascuno dei tre, quello di Alaide in “Vestido de Noiva”, il titolo più significativo del drammaturgo, dove sotto la vernice per bene della famiglia si nascondono tare e peccati mortali come l’incesto, quello di Aurora in “Os sete Gatinhos”, quello di Peixoto in “Bonitinha mas Ordinaria”. Rodrigues applica tutta la sua intuizione al cuore femminile, dipingendo donne oppresse, passive, fredde, erotiche, prostitute o vittime, che proiettano la loro frustrazione anche sugli uomini, tornando più e più volte sulla materia fondante del suo lavoro. Una procedura adottata anche da Carlota Portella perché il suo teatro di danza, plastico, vitale, energico, solidale nelle strutture di gruppo, “possa farci sapere almeno che ore sono”.
“Grito” mostra, in quattro sezioni, alcuni dei temi portanti che insistentemente si incontrano nelle relazioni tra i diversi personaggi dei diciassette lavori teatrali di Nelson Rodrigues, soprannominato “Flor de Osessão”, come lo chiamavano i suoi amici e come si definiva lui stesso: il finale tragico, l’amore di due donne per un uomo, la frustrazione femminile e una solitudine morbosa (o forse una morbosità solitaria?)
Carlota Portella