Per dire la verità, un corpo ha bisogno di un linguaggio autentico, proprio, che disegni il suo vocabolario a partire dalla sua diversità. Shmuel e Tomer si incontrano su un palco.
Shmuel prende confidenza con la sua diversità, ne osserva i movimenti, impara a riconoscersi.
E in questa disuguaglianza definisce le sue azioni, le modella, le danza e trasforma il suo movimento in un ponte che offre a Tomer come un invito al dialogo.
Tomer risponde all’appello e tra i due nasce un duetto che evidenzia le caratteristiche di ognuno, i limiti e le possibilità dei loro movimenti, un equilibrio che si fa perfetto nel desiderio di sostenersi a vicenda, senza che nessuno dei due prevalga o nasconda l’altro.
Nel desiderio condiviso di essere bellezza, di essere verità.
Le opere di Fridman, molto fisiche, si basano su una tecnica di contact improvisation. Questa particolare creazione lo ha portato in profondità negli stati d’animo spirituali, dove i suoi danzatori devono attraversare varie fasi alla ricerca di un’armonia utopica.