Le Urban Bush Women, dirette da Jawole Willa Jo Zollar, nascono a New York nel 1984. In questi otto anni la Compagnia si è distinta per la determinazione delle sue proposizioni artistiche, centrate sulla riflessione del significato passato e presente e della cultura afro-americana e interpretate con una grinta espressiva -al femminile- di non comune energia. Definita dal critico Jennifer Dunning l’antropologa della danza, Jawole Willa Jo Zollar, terza di sei figli nati da una cantante di cabaret di musica blues e da un agente immobiliare, cresce a Kansan City confrontandosi fin da bambina con le tradizioni e le problematiche della sua razza.
Inizia a studiare danza con Joseph Stevenson, allievo di Katherine Dunham, conseguendo successivamente diplomi alla University of Missouri a Kansas City e alla Florida State University, nel cui ambito insegna in seguito lei stessa. Nel 1980 si trasferisce a New York dove studia con Dianne McIntyre nel gruppo Sounds in Motion, cominciando da allora a collaborare con compositori jazz d’avanguardia come Craig Harris e Carl Riley, con i percussionisti Edwina Lee Tyler e David Pleasant, con il vocalista folk Tiye Giraud. Lasciato il gruppo Sounds in Motion nell’84, la Zollar dà una svolta alla sua carriera e fonda le Urban Bush Women. Il gruppo, composto interamente da performers afro - americane, inizia da subito a distinguersi per un lavoro multidisciplinare in cui danza, canta, parola, musica sono gli elementi compositivi di spettacoli di forte impatto. L’arte folk nera, l’affermazione politica di uno stato di oppressione, l’anti-razzismo, la religione e la tradizione di un popolo costretto alla diaspora sono punto di partenza delle creazioni delle Urban Bush Women, costruite attraverso l’improvvisazione.
Dall’84 ad oggi le Urban Bush Women sono state ospiti a New York delle maggiori stagioni dell’Ethnic Folk Arts Centre, al Clark Center for the Performing Arts, a La MaMa E.T.C., alla Kitchen, al Next Wave Festival della Brooklyn Academy of Music. Conosciute in tutti gli Stati Uniti, hanno partecipato a manifestazioni rinomate tra cui lo Jacob’s Pillow Dance Festival e lo Spoleto Festival U.S.A ed hanno ottenuto numerosi premi. Tra i Festival europei che le hanno invitate in questi anni compaiono il Dance Umbrella di Londra e Montpellier Danse.
In repertorio delle Urban Bush Women una decina di lavori: “Praie House”, brano del ’90 che a partire dalla vita della pittrice Minnie Evans e dalla tradizione del Sud rurale riesce a mettere in luce l’alienazione dell’artista nella società, alcuni estratti da “Heart” (’88), composizione in più quadri che evoca la città notturna con le sue strade “emotivamente” soffocanti, toccando temi come il problema degli “homeless” (Shelter) o le ambiguità della sessualità emergente in giovani donne adolescenti (Lipstick), “I don’t Know, But I’ve Been Told, If You Keep on Dancin’ You’ll Never Grow Old” (’89), un tributo a coloro che tengono vivo lo spirito della danza nelle scuole pubbliche, “Bitter Tongue” (’97) da “Song of Lawino”, lavoro ispirato a un poema dell’ugandese Okot P’Bitek, “Girlfriends” e “Madness”, estratti da “Anarchy, Wild Women and Dinah” (’86), gli assolo “Working for Free” (’85), “Life Dance II… The Papess” ancora da “Heart”, e l’ultimo “Life Dance III… Womb Wars”, quarto di una serie di brani che rappresentano – dice la Zollar – un’odissea personale realizzata attraverso le immagini della tradizione spiritual.