È assai complicato trasmettere in pochi tratti i diversi concetti che risuonano dietro parole quali “bellezza” in un cosmo estetico assai lontano dal nostro. Che fare? Preluderci la via ad un’ altra bellezza?Ammantarla, come spesso accade, del fascino delle terre lontane, dell’ esotismo dei viaggi improbabili? Oppure obbligarla a sottostare all’ anatomia della scienza noiosa del tentativo di capire una civiltà sconosciuta? E tuttavia di una cosa siamo sicuri: di non rifiutare di accedere, sia pure come spettatori di teatro, ad una esperienza che ci affascina. Come superare l’ imbarazzo allora di un naturale disorientamento? Paradossalmente, in ogni epoca di crisi della cultura europea, è stata proprio una mitica visione dell’ Oriente a disorientarci, a indicarci diverse possibili strade in cui vedere il nostro stesso mondo. Abbiamo bisogno di svegliare i nostri occhi pigri, la nostra lenta immaginazione. Ciò di cui abbiamo bisogno non è soltanto ragione ma una razionalità estrosa, una fantasia lucida. E allora il teatro di una cultura lontana ci apparirà assai meno estraneo e distante: è un incontro diretto, un salto dell’ anima con l’altro.