DANZA E

Presenti Accessibili | ph Giulia Lenzi
La seconda uscita della rubrica DANZA E, sulla danza in relazione alle altre arti e discipline

Si dice spesso che la danza sia un linguaggio universale. Per molti anni però da palchi e platee una consistente fetta di persone è rimasta esclusa.

Quello tra disabilità e arti performative è un rapporto in continua evoluzione.
In ambito istituzionale, il 3 marzo 2009 è stata approvata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità: un importante risultato raggiunto dalla comunità internazionale, con lo scopo di promuovere, proteggere e assicurare il pieno e uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità.

Anche a Oriente Occidente abbiamo iniziato a chiederci chi mancava nei nostri teatri, nei backstage, nei nostri processi decisionali, nei nostri staff, tra i nostri pubblici e a chiederci il perché.

Accessibilità significa garantire uno spazio fisico sicuro e adeguato, significa rispetto per le differenze e valorizzazione della diversità. E in un contesto come quello artistico questo significa anche aprirsi a nuove possibilità creative.

Negli ultimi anni, sempre più progetti e sempre più reti hanno promosso l’inclusività in termini culturali e artistici. La più estesa e importante rete è quella di Europe Beyond Access, programma europeo finanziato da Creative Europe nato cinque anni fa con l’obiettivo di abbattere l’isolamento degli artisti con disabilità, ampliando i loro orizzonti.
Abbiamo avuto l’occasione preziosa di essere parte di questa rete e quella di EBA, da ogni punto di vista, è stata un’esperienza che ci ha insegnato a pensare oltre, restando in connessione con il mondo e i suoi cambiamenti.
Disabilità e Trasformazione dell’Ecosistema Culturale è stato il titolo dell’incontro conclusivo di questo grande progetto, che si è chiuso alla fine del mese di maggio a Bruxelles, con una condivisione di pratiche e pensieri in cui l’Italia è stato analizzato come case study proprio per il processo trasformativo che il nostro Paese ha saputo affrontare in termini di accessibilità della cultura in questi ultimi anni.
Possiamo dire con certezza che questa fine è già un inizio. Lo è per noi.

Proprio da questa rete europea nel 2021 è nato un network italiano con più di cinquanta realtà che insieme si sono interrogate e confrontate su accessibilità e inclusione tanto del pubblico quanto di danzatori e danzatrici con disabilità. La spinta è stata accolta anche dal punto di vista istituzionale: nel dicembre 2022 il Ministero della Cultura ha infatti pubblicato un bando per progetti che favoriscono l’accessibilità alle attività dello spettacolo dal vivo da parte di artiste e artisti con disabilità.

Anche questo è il significato di accessibilità: garantire un accesso diretto all’opera artistica da un numero di persone sempre più alto, siano essi artisti, artiste, aspiranti tali o pubblici.

Ciò con cui è necessario misurarsi ora è lo sviluppo di un prodotto artistico che nasca già accessibile ai diversi pubblici, in una visione di progettazione universale che arricchisca il contenuto artistico e, insieme, promuova lo sviluppo della comunità nella sua totalità.

La tecnologia può sostenere questo processo: ne è un esempio concreto il progetto Veevo, sviluppato all’interno di Foundation Open Factory, un programma di co-innovazione dedicato all’imprenditoria sociale e promosso da FONDAZIONE CARITRO, Fondazione Cariparo, Fondazione Cariverona in collaborazione con ELIS Innovation Hub, che ha visto anche la collaborazione del compositore musicale Vittorio Giampietro e dell’accessibility manager Diana Anselmo.
Lo studio si è concentrato proprio nella ricerca di un applicativo di supporto ad artiste e artisti durante la fase creativa, affinché l’accessibilità degli spettacoli non sia più una riflessione a posteriori, bensì parte integrante del processo di produzione.

Unire le esigenze, sovrapporre le possibilità, rimanere in ascolto, trovare soluzioni creative, ricerca costante: l’accessibilità è un percorso, mai un punto di arrivo.